Bambino sassarese batte il padre al gioco dell’impiccato
SASSARI. Per dirla parafrasando a Fredrich Nietzsche, per gli amici sardi Fredrich Nighele, e parlando di “eterno ritorno dell’uguale” la storia di oggi non dovrebbe stupire più di tanto, anche se, in questo caso, il ritorno dell’uguale sarebbe solo simbolico.
Il ritorno è simbolico perché la storia del sassarese impiccababbu ci riporta nella Sardegna ai tempi dell’inquisizione e ad una storia d’amore che vide un padre salvare, in extremis, la vita del figlio condannato a morte.
La memoria però è bene preservarla per non dimenticarsi delle proprie origini, ma soprattutto per far si che le cose brutte non debbano più ripetersi. Inutile dire che se Bastianu Mirinzana, avesse conosciuto la storia non avrebbe permesso che il figlio lo sfidasse al gioco dell’impiccato.
Il padre, dopo essere passato inizialmente in vantaggio, avrebbe poi deciso (involontariamente) di far entrare in partita la sua metà originaria di Sorso. La complicanza e la tragedia si sarebbero sviluppate proprio dopo questa decisione, essendo l’uomo schizofrenico e, da buon sussincu, poco amichevole nei confronti dei sassaresi. Approfittando così della surreale situazione creatasi, l’uomo avrebbe preso due piccioni con una fava: salvando la vita di un infante e condannando a morte un sassarese magna gaura; il tutto per far si che dopo secoli la storia, come diceva Nighele, si ripetesse. Il sussincu avrebbe perciò iniziato a sparare fonemi forse riconducibili al protosardo ma non minimamente ricollegabili a lettere italiane, andando a perdere con un sorriso macabro sulle labbra.
Tutto sarebbe avvenuto sotto gli occhi increduli della madre che, ricordando vagamente la storia sassarese, non avrebbe fatto in tempo a fermare la tragedia che si stava lentamente consumando davanti ai suoi occhi.