Crisi ISIS. 5mila kamikaze in cassa integrazione: “Fateci lavorare o ci facciamo saltare”
RAQQA. Una città piena di disoccupati, divisa tra miliziani siriani e sacche di resistenza dell’ISIS con soldati e kamikaze: è questo lo scenario di Raqqa, ex capitale dello Stato Islamico. La progressiva sconfitta delle truppe del califfato però non ha di certo giovato alle sorti economiche della città, divenuta nei mesi scorsi una fiorente attrattiva per molti giovani della zona.
Il Califfato è in crisi e, come tutte le aziende, è giunto il momento di operare dei tagli al personale e attivare gli ammortizzatori sociali per evitare di compromettere la già disastrata situazione contabile. Dopo una lunga trattativa con i sindacati, si è giunti ad un accordo temporaneo: 5mila kamikaze non perderanno il lavoro ma dovranno fare 6 mesi di cassa integrazione. Un duro colpo per i lavoratori sebbene i sindacalisti abbiano assicurato di aver fatto il massimo possibile per scongiurare lo stop degli impianti.
I lavoratori, però, non ci stanno e questa mattina si sono incatenati ai cancelli del campo di addestramento chiedendo di essere riammessi nello stabilimento: secondo loro, infatti, un piano di ricapitalizzazione dell’azienda gli permetterebbe di tornare alle loro mansioni. Il gruppo è molto coeso e compatto, pronto anche a gesti estremi pur di riottenere subito l’impiego e la messa in produzione degli impianti: “O ci fate subito tornare a lavoro o ci facciamo saltare in aria”, hanno minacciato.
I vertici del Califfato temono che i lavoratori possano accorgersi che facendosi saltare in aria tecnicamente tornerebbero a lavorare, e vogliono evitare di sprecare tutta la forza lavoro per un puro cavillo logico. Si attende quindi con ansia che si faccia avanti una cordata di imprenditori internazionali di settore per rimettere in marcia gli impianti e salvare i lavoratori, prima che la situazione diventi esplosiva.
Numerose proposte sono già pervenute da altri gruppi terroristici interessati allo stabilimento e si attendono aggiornamenti dopo i negoziati dei prossimi giorni, i kamikaze rimangono in attesa con il dito sul grilletto di innesco.
Un intoppo non da poco, dopo che già un anno fa c’era stato uno stop alla produzione dell’impianto dopo ordini diretti del Califfo (ne parlammo in un precedente articolo leggibile CLICCANDO QUI)