Porto Cervo: assumere con contratto regolare per rilanciare il turismo
PORTO CERVO. Dopo la proposta di rilanciare il turismo facendo indossare, a 40 grados, il costume sardo a cameriere e camerieri, l’assessore al no l’ischit mancu isse Gianni Chessa continua a sparare idee una dietro l’altra, ma stavolta forse, ci avrebbe visto giusto.
Siamo abituati a sentire delle castronerie assurde da parte di questa giunta che ormai ci abbiamo fatto lo stomaco: dalla costruzione del fantomatico nuraghe a Cagliari all’incredibile bonus pane a formaggio, per il quale Solinas sarebbe colpevole de aer fattu bennere sa gula (aver fatto venire voglia ndr) a molte persone, salvo poi ritirare indegnamente la geniale trovata; pertanto, la proposta di camerieri in ragas e berrittas, non ci ha stupito più di tanto.
L’assessore però, prima di mettere in moto il cervello, non avrebbe preso in considerazione un dato molto importante, ovvero che gli stagionali in costa, o meglio chi gli dà il lavoro, non sarebbero a conoscenza degli avvenimenti storici che il 18 dicembre 1865 portarono all’abolizione della schiavitù. Dunque prima di convincere uno schiavo a lavorare a 40 gradi in abito tradizionale, bisognerebbe prima discutere del suo contratto.
Arriva dunque la nuova proposta per lanciare il turismo comente si toccat (come si conviene ndr), facendo in modo che tutti i lavoratori abbiano un contratto regolare che gli permette di vivere meglio l’effimera esperienza lavorativa, godendo magari di un giorno libero la settimana. Fattore utile ad evitare le battute dei vari turisti e vip continentali che vedendo i lavoratori poco abbronzati si lascerebbero spesso andare ad infelici battute del tipo “cioè sei sardo e non vai al mare”.
La proposta è stata accolta di buon grado da tanti lavoratori che negli anni lavorano 22 ore su 24 e 7 giorni su 7; meno convinti sarebbero invece i vari imprenditori che alla questione avrebbero risposto “che cosa è un contratto?”.