Vaso di Dueno, nuova scoperta: l’iscrizione è un antico frastimo in sardo arcaico
TANDALO’. Una rivoluzionaria scoperta degli studiosi dell’Universidade Internatzionale de Tandalò, in Sardegna, riguardo al famoso vaso di Dueno che si prospetta come una bomba che rivoluzionerà il mondo dell’archeologia mondiale, se non interplanetaria.
È stato pubblicato stamane uno studio, firmato da due dei più grandi archeologi che lavorano in coppia presso l’università, Antoni Piccu e Pedru Pala, che risolve finalmente ed in maniera definitiva la questione delle iscrizioni del vaso di Dueno. Dopo l’importante contributo apportato dalla scoperta che le iscrizioni non fossero in latino arcaico ma in sardo (lingua dalla quale deriverebbe lo stesso latino), i due studiosi si sono messi a tavolino per capire quali segreti racchiudessero quelle antiche incisioni.
“Eravamo al bar che ne discutevamo, – ci ha detto il prof. Piccu – quando compare Pala (l’altro professore ndr) ha messo Canale 5 per vedere la puntata di Avanti un altro… quando il concorrente di Cuglieri ha iniziato col suo frastimo, mi è crollata la mensola della televisione sopra e la TV è finita sul mignolo del mio piede”. Sarebbe stato a questo punto che il prof. Piccu avrebbe tirato un frastimo di potenza inaudita in un mix di sardo, farfugliamenti vari, aramaico e mandarino: “Era un qualcosa che non mi era nuovo – incalza il prof. Pala – e poi ho capito dove avevo già conosciuto quelle frasi: erano praticamente uguali a quelle dell’incisione!”.
Ecco quindi la grande scoperta: non si trattava di un’incisione benaugurale come finora hanno sostenuto gli storici, quanto di un frastimo potentissimo in un sardo arcaico. Gli antichi Shardana, popolo di navigatori, conoscevano infatti diverse lingue antiche quali aramaico e mandarino e ne acquisirono qualche parola. Svelato dunque un mistero antico quanto Roma e che leverebbe proprio alla città eterna ogni primato linguistico sull’Europa e sul cosiddetto ceppo di lingue “neolatine”.
Le prime parole dell’iscrizione? “frastimo ma no isco frastimare…”