“Zustissia b’apat, ma in domo no colete”: chiama i carabinieri, ma rifiuta di farli entrare
SORGONO. In un tempo lontano la Sardegna e sa zustissia andavano talmente d’accordo, che una delle sfortune più grandi che si potevano augurare ad un nemico era “zustissia ti pioat” (Giustizia ti piova ndr). Oggi per fortuna la storia è cambiat…. ah no, non è vero! malaittu ‘e zustissia.
Secondo le ricostruzioni, la vicenda sarebbe partita dalla telefonata di Antoni Massaju ai Carabinieri quando, contando le pecore, si sarebbe accorto della mancanza di una di esse. Pecora che però era stata uccisa con un pugno alla schiena da parte del figlio, indispettito del fatto che la pecora avesse cagato il latte per tre volte di fila. Dopo il macabro omicidio, la carcassa sarebbe stata occultata in mezzo alla vigna. Antoni avrebbe quindi chiamato i Carabinieri senza esitazione, facendo spavaldamente il nome del vicino come colpevole.
Ricevuta la chiamata, la pattuglia si sarebbe quindi recata in campagna per un sopralluogo. I due carabinieri però, non essendo sardi, non erano però a conoscenza di un detto sacro dell’isola: “zustissia b’apat, ma in domo no colete”. Detto che avrebbe scatenato le ire del padrone di casa quando uno dei due carabinieri, nonostante il divieto dell’uomo ad entrare, avrebbe erroneamente poggiato la punta del piede nel terreno del Massaju, pensando che quest’utimo scherzasse. L’uomo, avendo paura di essere giudicato un debole dai suoi paesani, per aver chiamato non solo i carabinieri, ma peggio ancora per averli fatti entrare nel suo terreno. Avrebbe quindi iniziato ad insultare pesantemente i carabinieri con l’intento di farsi arrestare (così la loro visita in campagna sarebbe stata chiara per l’intero paese).
Questa volta la reputazione dell’uomo sembrerebbe sia stata preservata, ma i più tradizionalisti lo avrebbero criticato ugualmente per essersi fatto arrestare senza opporre resistenza.